Benvenuto nel club dei manager (volenti o nolenti)
Forse l’hai chiesto tu. O forse un giorno qualcuno ti ha bussato sulla spalla dicendo: “Ehi, sembri responsabile… vuoi gestire altre persone?”
Comunque sia, eccoti qui. Congratulazioni. O condoglianze. Forse entrambe.
Diventare manager per la prima volta è strano: passi dall’essere bravissimo nel tuo lavoro a diventare un principiante in un ruolo nuovo, che nessuno ti ha insegnato davvero. Non c’è un vero “Manager Bootcamp”. Non esiste una laurea seria in “Gestione di esseri umani”. Ti ritrovi semplicemente… dentro.
Non sei più il giocatore, sei l’allenatore
E sì, all’inizio può sembrare una fregatura. Prima eri tu a scrivere codice, chiudere ticket, creare valore tangibile. Ora il tuo lavoro è fare in modo che gli altri possano farlo bene.
A volte significa visione e strategia. Altre volte significa proteggere il tuo team dalle “cagate” dall’alto. Altre ancora… offrire un caffè e dire: “Non sei tu che sei pazzo, è che questo è difficile.”
Ti mancherà la botta di adrenalina di un bug fixato alle 2 di notte o di un rilascio riuscito. Ora la tua soddisfazione non arriva più dalle “cose fatte”, ma dal creare sistemi, dare contesto, e sbloccare chi è bloccato.
Il tuo impatto sarà meno visibile, ma molto più significativo.
Sbaglierai. Tante volte.
Feedback sbagliati. Riunioni rimandate troppo a lungo. Essere troppo presenti. O troppo assenti. Fa parte del gioco.
La chiave non è evitare l’errore, ma come reagisci quando lo commetti.
Non serve essere infallibili. Serve riconoscere gli sbagli, dirlo ad alta voce, scusarsi se serve, e migliorare.
Il motto è semplice: “sbaglia meglio, ogni volta.”
I team non hanno bisogno di un capo perfetto, ma di un umano disposto a crescere insieme a loro.
La chiarezza è la tua arma segreta
Tu pensi di essere chiaro. In realtà non lo sei mai abbastanza.
Definisci aspettative in modo esplicito. Ripetile. Crea contesto: spiega perché quel lavoro conta, a cosa serve, che impatto ha.
Un ingegnere che pensa di star facendo “lavoro inutile” non ha un problema tecnico: ha un manager che non ha dato contesto.
Nessuno dirà mai: “Vorrei che il mio capo fosse stato meno chiaro.”
E tu? Hai ancora un capo sopra di te
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Se hai un buon leader: segui il suo esempio. Chiedi consigli. Osserva come affronta gli errori. Fatti aiutare. È oro.
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Se hai un pessimo leader: non lasciarti contagiare. Sii il manager che avresti voluto avere. Trova supporto altrove (colleghi, ex-capi, community). E sì, tieni traccia delle cose tossiche: può tornarti utile.
Proteggi le tue energie
Essere manager consuma tanto, a livello emotivo. Ti carichi le ansie del team, i conflitti tra reparti, i dubbi su te stesso.
La tua agenda non sono solo “meeting”: è il riflesso delle tue priorità.
E attenzione: il burnout non è solo stanchezza. A volte è apatia, il “non me ne frega più nulla”. Quando arriva, si diffonde nel team.
Prenditi cura di te: camminate, journaling, psicoterapia, momenti liberi in agenda per pensare. Qualunque cosa funzioni per te, falla con costanza.
Le tue vittorie sono le vittorie del team
Dimenticati i premi personali, i riconoscimenti scintillanti, le pacche sulla spalla per una feature fatta bene. Ora la tua gloria è vedere i tuoi collaboratori brillare, ricevere riconoscimenti, farsi notare.
Il tuo trofeo è sapere che l’ambiente che hai creato permette tutto questo.
Conclusione
Non azzeccherai tutto. Nessuno lo fa.
Ma se ti presenti ogni giorno con umiltà, curiosità, e il desiderio sincero di rendere il lavoro più umano e meno pesante per chi ti circonda… quello è vero leadership.
Benvenuto nel club. Anche nei giorni in cui pensi di non farcela, ricordati: ci sei dentro. Ed è normale così.


